- – NORMATIVA
- Legge 27 luglio 1978, n. 392 – Equo Canone. Disciplina delle locazioni di immobili urbani
- Legge 9 gennaio 1989, n. 13 – Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati
- Legge 27 marzo 1992, n. 257 – Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto
- Legge 16 gennaio 2003, n. 3, art. 51 – Tutela della salute dei non fumatori
- Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 – Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro
- Decreto Legislativo 3 marzo 2011, n. 28 – Promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili e certificazione energetica
- Legge 11 dicembre 2012, n. 220 – Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici
- Tavole sinottiche: vecchio e nuovo testo (L. 220/2012)
- – GIURISPRUDENZA
Art. 1100 Norme regolatrici – La Corte di Cassazione, con la sentenza 19663/2014, ha affermato l’esistenza di una «soggettività giuridica autonoma». Furono, però, le Sezioni unite della Corte di cassazione a mettere in dubbio la rassomiglianza della funzione tra condominio ed ente di gestione, nella famosa sentenza del 2008 in quanto «il fatto che l’amministratore e l’assemblea gestiscano le parti comuni per conto dei condòmini, ai quali le parti comuni appartengono – le ragguardevoli diversità della struttura dimostrano la inconsistenza del ripetuto e acritico riferimento dell’ente di gestione al condominio negli edifici. Il condominio, infatti, non è titolare di un patrimonio autonomo, né di diritti e di obbligazioni: la titolarità dei diritti sulle cose, gli impianti e i servizi di uso comune, in effetti, fa capo ai singoli condòmini; agli stessi condòmini sono ascritte le obbligazioni per le cose, gli impianti ed i servizi comuni e la relativa responsabilità; le obbligazioni contratte nel cosiddetto interesse del condominio non si contraggono in favore di un ente, ma nell’interesse dei singoli partecipanti» (Cassazione, Sezioni unite, sentenza 9148/2008).
Art. 1117 Parti comuni dell’edificio – La Cassazione del 29.01.2015 n. 1680 ha stabilito che l’art. 1117 c.c. contiene un’elencazione non tassativa ma solo esemplificativa delle cose comuni, essendo tali, salvo risulti diversamente dal titolo, anche quelle aventi un’oggettiva e concreta destinazione al servizio comune di tutte o di una parte soltanto delle unità immobiliari di proprietà individuale. Nel quale ultimo caso, inverandosi l’esistenza di un c.d. condominio parziale, deve ritenersi nulla, per violazione della norma imperativa di cui all’art. 1118 comma 2 c.c., la clausola del contratto di vendita di una singola unità immobiliare che escluda la coeva cessione della comproprietà su una o più cose comuni.
Art. 1118 Diritti dei partecipanti sulle cose comuni – La disciplina dettata dal codice per il condominio di edifici trova applicazione anche in caso di condominio minimo, cioè di condominio composto da due soli partecipanti, tanto con riguardo alle disposizioni che regolamentano la sua organizzazione interna, non rappresentando un ostacolo l’impossibilità di applicare, in tema di funzionamento dell’assemblea, il principio maggioritario, atteso che nessuna norma vieta che le decisioni vengano assunte con un criterio diverso, nella specie all’unanimità, quanto, a fortiori, con riferimento alle norme che regolamentano le situazioni soggettive dei partecipanti, tra cui quella che disciplina il diritto al rimborso delle spese fatte per la conservazione delle cose comuni (Cass., Sez. Un., 31 gennaio 2006, n. 2046).
In tema di condominio di edifici, l’errore che giustifica, ai sensi dell’art. 69, n. 1, disp. att. c.c., la revisione delle tabelle millesimali non coincide con l’errore – vizio del consenso, di cui all’art. 1428 ss. c.c., ma consiste nell’obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari dell’edificio e il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle (Cass., Sez. Un., 9 luglio 1997, n. 1997).
Art. 1123 Ripartizione delle spese – Le tabelle millesimali servono agli effetti di cui all’art. 1123, 1124, 1126 e 1134 c.c., cioè ai fini della ripartizione delle spese e del computo dei quorum costitutivi e deliberativi in sede di assemblea. Pertanto, in merito alla formazione e alla modificazione delle tabelle millesimali queste non devono essere approvate con il consenso unanime dei condomini, essendo sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, comma 2, c.c. (Cass., Sez. Un., 9 agosto 2010, n. 18477).
Ai singoli condomini si imputano, in proporzione alle rispettive quote, le obbligazioni assunte nel cosiddetto “interesse del condominio”, in relazione alle spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza (Cass., Sez. Un., 8 aprile 2008, n. 9148).
Art. 1126 Lastrici solari di uso esclusivo – Posto che il lastrico dell’edificio svolge funzione di copertura del fabbricato anche se appartiene in proprietà superficiaria o se è attribuito in uso esclusivo ad uno dei condomini, all’obbligo di provvedere alla sua riparazione o alla sua ricostruzione sono tenuti tutti i condomini in concorso con il proprietario superficiario o con il titolare dell’uso esclusivo; pertanto dei danni cagionati all’appartamento sottostante per le infiltrazioni d’acqua provenienti dal lastrico, deteriorato per difetto di manutenzione, rispondono tutti gli obbligati inadempienti alla funzione di conservazione secondo le, in proporzioni stabilite dall’art. 1126 c.c., vale a dire i condomini ai quali il lastrico serve da copertura, in proporzione dei due terzi, ed il titolare della proprietà superficiaria o dell’uso esclusivo, in ragione delle altre utilità, nella misura del terzo residuo (Cass., 27 giugno 2011, n. 14196).
Art. 1127 Costruzione sopra l’ultimo piano dell’edificio – L’indennità di sopraelevazione è dovuta dal proprietario dell’ultimo piano di un edificio condominiale ai sensi dell’art. 1127 c.c. non solo in caso di realizzazione di nuovi piani o nuove fabbriche, ma anche per la trasformazione dei locali preesistenti mediante l’incremento delle superfici e delle volumetrie indipendentemente dall’aumento dell’altezza del fabbricato. Tale indennità trae fondamento dall’aumento proporzionale del diritto di comproprietà sulle parti comuni conseguente all’incremento della porzione di proprietà esclusiva e, in applicazione del principio di proporzionalità, si determina sulla base del maggior valore dell’area occupata ai sensi dell’art. 1127, comma 4, c.c. (Cass., 18 novembre 2011, n. 24327; Cass., Sez. Un., 30 luglio 2007, n. 16794).
Art. 1129 Nomina, revoca ed obblighi dell’amministratore – La disciplina dettata dal codice civile per il condominio di edifici trova applicazione anche in caso di condominio minimo, cioè di condominio composto da due soli partecipanti, tanto con riguardo alle disposizioni che regolamentano la sua organizzazione interna, non rappresentando un ostacolo l’impossibilità di applicare, in tema di funzionamento dell’assemblea, il principio maggioritario, atteso che nessuna norma vieta che le decisioni vengano assunte con un criterio diverso, nella specie all’unanimità, quanto, “a fortiori”, con riferimento alle norme che regolamentano le situazioni soggettive dei partecipanti, tra cui quella che disciplina il diritto al rimborso delle spese fatte per la conservazione delle cose comuni (Cass., Sez. Un., 31 gennaio 2006, n. 2046).
In materia di condominio negli edifici l’istituto della prorogatio imperii dell’amministratore – che trova fondamento nella presunzione di conformità alla volontà dei condomini e nell’interesse del condominio alla continuità dell’amministrazione – è applicabile in ogni caso in cui il condominio rimanga privato dell’opera dell’amministratore, e pertanto non solo nei casi di scadenza del termine di cui all’art. 1129, comma 2, c.c., o di dimissioni, ma anche nei casi di revoca o di annullamento per illegittimità della relativa delibera di nomina.