RISCHIO RADON NEGLI EDIFICI CONDOMINIALI

Molteplici sono le motivazioni che rendono necessaria, oltre che obbligatoria per la vigente normativa, una indagine nei luoghi di lavoro, tale da individuare eventuali locali caratterizzati da alte concentrazioni di radon, per poi porre in atto le opportune azioni di rimedio, proviamo a spiegarne il perché.

Nell’ambito della radioattività naturale, particolare importanza ha assunto negli ultimi anni l’aspetto riguardante il Radon 222 ed i suoi prodotti di decadimento, in quanto l’esposizione ad essi accresce il rischio di tumore polmonare. Si ricorda che il RADON 222 è un Gas Radioattivo Naturale, incolore, estremamente volatile, presente nelle rocce, nei terreni e nei materiali da costruzione- come il tufo vulcanico, l’argilla, i mattoni, il marmo, il granito. Il Radon è stato classificato sino dal 1988 dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro come sostanza cancerogena di gruppo 1, ossia a più alta cancerogenicità.

Il radon può essere pericoloso alla salute umana in quanto durante il processo di “decadimento radioattivo” produce particelle di piombo, polonio, bismuto, sostanze che inalate possono essere dannose per l’uomo (esempio: possono essere cause di leucemie).

In un ambiente condominiale i luoghi dove c’è maggiore rischio di avere elevate concentrazioni di radon sono i locali poco aerati, anche ai piani alti, nonché locali interrati (esempio: cantine), abitazioni al piano terra (esempio: casa del custode, guardiania), locali dove si accumula o si usa acqua (esempio: locale autoclave), infatti, le molecole di radon trascinate da quelle dell’acqua si propagano anche tramite le falde acquifere e gli acquedotti.

Il D. Lgs. 241/2000 si applica solo ai “luoghi di lavoro” e ha dato dei valori di soglia solo per gli ambienti di lavoro; comunque l’Unione Europea, anche per gli ambienti non lavorativi, ha dato dei limiti oltre cui si consiglia di bonificare l’ambiente.

In particolare, come “luogo di lavoro” – ai sensi del D.Lgs. 81/08 – è da intendersi: “quei luoghi destinati a contenere posti di lavoro…(omissis)…luoghi… comunque accessibile per il lavoro”.

Vediamo meglio l’aspetto legislativo, al fine di chiarire quanto stiamo discutendo.  Le modifiche e integrazioni del D. Lgs. n. 241 del 26 maggio 2000 rispetto a quanto già previsto dal D. Lgs. n. 230 del 17 marzo 1995, in materia di radiazioni ionizzanti, hanno introdotto maggiori tutele dei lavoratori nei confronti dei rischi da esposizioni a sorgenti di radiazioni naturali.

Le attività lavorative considerate dalla legislazione – oltre a quelle esercitate in locali seminterrati o locali interrati – sono da aggiungere, anche, attività esercitate “…in superficie, in zone ben individuate o in luoghi di lavoro con caratteristiche determinate…”.

Sul punto, si ricorda che è prevista una serie di obblighi per gli esercenti delle attività di cui sopra, i quali devono provvedere, a seconda dei casi, a misurazioni di radon e/o a valutazioni di esposizione nei luoghi di lavoro, rivolgendosi ad organismi riconosciuti, ai sensi dell’art. 107, comma 3, del D. Lgs. 230/95 o, nelle more dei riconoscimenti, ad “organismi idoneamente attrezzati”. In particolare, in caso di superamento dei livelli di azione fissati nell’Allegato 1 bis del D. Lgs. n. 230/95, gli esercenti, oltre a darne comunicazione agli organi competenti, devono adottare azioni di rimedio, entro tempi definiti, avvalendosi dell’Esperto Qualificato (professionista del settore).

Al fine di dare indicazioni sul rischio radon sul territorio nazionale, segue schema della concentrazione di radon nelle regioni italiane, pubblicato dalla rivista “Health Physics”, fermo restando che le regioni e le province autonome avevano cinque anni, dalla pubblicazione del D. Lgs. 241/2000 (pubblicazione avvenuta il 31/08/2000), per individuare “…le zone o i luoghi di lavoro con caratteristiche determinante ad elevata probabilità di alte concentrazioni di attività radon…”, ai sensi dell’art. 37 di detto decreto. Purtroppo, sino ad oggi l’obbligo di monitoraggio è stato effettuato solo in alcune aree del territorio nazionale e, inoltre, è stato quasi ignorato nelle piccole e medie aziende nonché nei condomini con presenza di lavoratori. A titolo di completamento, nel presente articolo vengono indicate alcune tecniche costruttive finalizzate alla rimozione e/o riduzione di concentrazioni di radon negli edifici civili.

Schema concentrazione Radon nelle regioni d’italia

Concentrazione di radon (Bq m-3)Healt Phisics Novembre 1996, Vol 71 n.5 pp 741 – 748

Lazio, Lombardia: 120-100

Campania, Friuli Venezia Giulia: 100-80

Abruzzo, Sardegna, Piemonte,  Trentino Alto Adige: 80-60

Valle D’Aosta, Veneto,  Emilia Rormagna, Toscana, Umbria, Molise, Puglia: 60-40

Marche, Basilicata: 40-20

Calabria, Sicilia dati non disponibili

Prevenzione rischio Radon in edilizia

1) Prevenzione in caso di nuove costruzioni

Analisi situazione iniziale

Prima di progettare l’edificio occorre verificare il livello di rischio RADON dell’area

Interventi per la costruzione della nuova casa

Per diminuire il rischio d’esposizione al radon, i fattori più importanti sono:

  1. a) Scegliere adeguati materiali da costruzione.  Per la realizzazione delle fondamenta e le mura nelle parti interrate, il cemento dà le maggiori garanzie di isolamento da radon e sono da preferire ai mattoni forati.
  2. b) Canali di comunicazione. Progettare in modo tale che non si creino canali di comunicazione tra aree abitate ed aree a contatto con il terreno che trasportano il radon nella parte abitata della casa.
  3. c) Passaggi di condotte dal terreno. Le condotte dell’acqua e del gas, le condotte del gasolio da riscaldamento provenienti da serbatoi interrati, serbatoi per la raccolta dell’acqua piovana è preferibile che siano introdotte dalle pareti laterali e non dal pavimento
  4. d) Isolamento termico.  Sigillare completamente lo strato isolante o interromperlo per un breve tratto, per permettere al radon di uscire all’aperto.
  5. e) Il sistema di aerazione.  Progettare il sistema di aerazione in modo tale da evitare che al piano terra e in cantina si crei una depressione.
  6. h) La ventilazione naturale del suolo. Favorire lo scambio naturale, in modo che l’aria sotto l’edificio possa rinnovarsi rapidamente favorendo la diminuzione di concentrazione di radon.

2) Risanamenti di vecchie costruzioni con concentrazioni di radon elevate

Generalità

In caso di livelli di radon poco superiore a quanto stabilito dalla normativa, la soluzione è di arieggiare i locali (aprire le finestre dei locali abitati più volte al giorno per alcuni minuti, lasciare costantemente aperte le finestre delle cantine). Per valori elevati di radon (> 1000 Bq/m³) la sola aerazione dei locali per pochi minuti e frequentemente durante la giornata non è sufficiente a ridurre adeguatamene la concentrazione di radon, fermo restando che non si hanno costantemente aperte le finestre durante l’intera giornata, anche, in periodo invernale, il che è un’ipotesi assurda. In tale caso, quindi, sono necessarie altre soluzioni, in seguito elencate.

  1. a) Sigillare: crepe, fessure e fughe
  2. b) Aumentare il ricambio d’aria nelle cantine o in un vespaio
  3. c) Sovrappressione artificiale nell’edificio. Per impedire infiltrazioni d’aria del sottosuolo ricca di radon, una soluzione è di   creare una leggera sovrappressione all’interno delle stanze con un ventilatore. Il metodo è semplicissimo e poco costoso da realizzare (per esempio: un piccolo ventilatore nella finestra).

Ing. Daniele Minichini